L’arte più forte del Covid: dal 30 maggio al 28 giugno la Nuova Galleria Civica ospita la personale di Enzo Andriolo

Il cuore culturale di Montecchio Maggiore riprende a battere dopo la sospensione degli eventi dovuta all’emergenza coronavirus. In attesa della riapertura del Museo Zannato, programmata per il 6 giugno, si riparte dalla Nuova Galleria Civica, che dal 30 maggio al 28 giugno ospiterà la mostra “Enzo Andriolo. I segni del tempo, i segni dell’arte”, curata da Giuliano Menato.

“Enzo Andriolo è artista di straordinaria manualità, modella in modo stupefacente i materiali più diversi. In pittura ricompone frammenti della realtà, conferendo ad essi singolare armonia compositiva. Le opere presentate nella Nuova Galleria Civica sono la sintesi del lavoro di una vita”, sottolinea il sindaco Gianfranco Trapula nel pieghevole che accompagna la mostra.

“Con questa mostra riprendono i grandi eventi culturali di Montecchio Maggiore – afferma l’assessore alla cultura Claudio Meggiolaro -. Essa si inserisce nel solco delle proposte di alta qualità che, grazie al curatore Giuliano Menato, animano la Nuova Galleria Civica fin dalla sua apertura. La mostra è un segno di speranza e di fiducia per un ritorno, speriamo al più presto, alla normalità”.

Viste le restrizioni ancora in vigore, non è prevista un’inaugurazione ufficiale. La mostra sarà aperta il sabato e la domenica dalle 10,30 alle 12,30 e dalle 16 alle 19, ad ingresso libero ma contingentato per garantire il rispetto delle distanze interpersonali rispetto all’ampiezza della sala. I visitatori dovranno essere muniti di mascherine e guanti o gel igienizzante.

Presentazione della mostra, a cura di Giuliano Menato.

Singolare nel panorama artistico vicentino è la figura di Enzo Andriolo, pittore che vive la sua esperienza creativa al riparo dai rumori mondani, appagato dai consensi ricevuti da chi ne apprezza l’inesausta ricerca compiuta sui mezzi dell’espressione.

Sostanzialmente autodidatta, se si esclude l’apprendistato alla scuola del maestro Otello De Maria, egli ha raggiunto l’autonomia artistica assecondando l’istinto che lo ha portato a guardare dentro sé più che a ciò che facevano gli altri, convinto che all’origine di ogni opera d’arte vi sia una pulsione irresistibile, la volontà dell’artista di manifestare il proprio sentimento delle cose, di dare espressione a quanto matura in lui a con – tatto con la natura e con il mondo.

Rapporto di confronto e nello stesso tempo di unione, il suo, fondato sulla chiara sensazione di essere parte di un tutto, convinto che l’artista non possa obbedire ad un pensiero astratto e che l’arte non sia pensare, ma vedere e sentire. Nasca dal contatto dell’artista con la realtà, unisca ciò che è fuori a ciò che è dentro di noi, prenda consistenza assumendo una forma e trasformando ogni emozione in qualcosa che esprima la sua personalità.

François Bruzzo, nell’illuminante scritto I muri di Enzo Andriolo (1988), parte dalle “macchie muraiole”, di cui parlava Leonardo a proposito dell’origine della pittura, per arrivare ad affermare che il modo di fare pittura di Andriolo pare fare i conti con il tempo, dato che «esso sembra manifestarsi più precisamente come un dis-fare, cioè come un fare che non solo rinviene un ordine nel disordine degli elementi ma che inoltre positivizza (rende produttivo e costruttivo) ogni disfacimento in metamorfosi e inseguimento di forme a venire, e che si consolida a partire dalle perturbazioni che incrinano l’ordine e la distinzione delle cose e delle forme stesse». Analisi perfetta dell’operazione messa in atto da Andriolo nel tradurre nel linguaggio dell’arte i principi della sua poetica: cogliere circostanze d’istantaneità episodica della presenza umana e riportarle nell’opera ad un livello di tensione materica e segnica, conservando l’equilibrio della composizione, per cui l’immagine frammentata, esplicito emblema di una dimensione esistenziale, diventi il fulcro della creazione artistica.

La motilità gestuale nella costruzione dell’opera è raffrenata da Andriolo a favore di una più duratura suggestione di immediatezza della materia stessa, in accostamenti di forte tensione evocativa. Profili di interni, di oggetti, di figure convivono con carte e ritagli di giornale disposti in modo da stabilire un rapporto con lo sfondo e le parti dipinte.

La tecnica dell’affresco strappato e del collage diventa espressione di un modo più autentico di essere nel mondo e di prenderne coscienza. Una lirica, squisita armonia viene posta in essere nei grandi teleri, nei quali vi è l’eco della pittura veneta fino alle luminose rarefazioni di Tiepolo. Avvolti da un alone di adesione quasi sentimentale, portano a leggere su estese superfici tracce arcane che affondano nella materia come dentro il grembo dell’esistenza. Il colore, che talvolta dissolve la forma, non avulsa da compiacimenti decorativi, parla al di là dei contorni dell’immagine, agisce con la massima efficacia sul sentire dell’artista e di chi ne osserva e contempla l’o – pera. La quale non prescinde da un elaborato processo tecnico, indispensabile a garantire una percezione cromatica basata sull’assorbimento dei pigmenti e sulla mutevole riflessione della luce.

Biografia dell’artista.

Enzo Andriolo nasce ad Agugliaro (Vicenza) nel 1941. Negli anni Settanta frequenta la scuola di pittura “La Soffitta” di Vicenza diretta da Otello De Maria. Negli stessi anni partecipa a concorsi nazionali e a mostre collettive, delle quali si ricorda in particolare la collettiva del 1977 all’interno degli ex Magazzini Sorelle Ramonda, in via Leonardo da Vinci, ad Alte Ceccato.

Nel 1974 tiene la sua prima mostra personale presso la Galleria Modigliani. Espone con mostre personali anche a Valdagno (Galleria Palazzo Festari-1982), a cura di Giuliano Menato e a Montecchio Maggiore (Galleria Civica-1988) con la presentazione di François Bruzzo. Conosce personalmente i maestri Carmelo Zotti, Bruno Saetti, Emilio Vedova, Aldo Schmid, Luigi Senesi, di cui diventa attento osservatore e collezionista. Negli anni Ottanta, accanto alla pittura su tela, inizia un percorso di conoscenza tecnica e storico-artistica del dipinto a mano su ceramica. Dalla collaborazione con la ditta vicentina specializzata, AL.Za., di proprietà del maestro e artista ceramista Alfredo Zanin, nasceranno pezzi unici interamente decorati a mano.

Le sue mostre più recenti sono: antologica 1970-2015 presso Antichità La Galleria, Montecchio Maggiore, 2016; personali presso “10mquadri”, Bassano del Grappa, 2016 e alla “Qu.Bi Gallery”, Palazzo Valmarana Braga, Vicenza, 2017. Continua ad essere attivo oltre che nella creatività artistica, aperta in questi anni a nuove conquiste, nel dialogo stimolante con personalità del mondo dell’arte e della cultura.

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